Gli antichi romani chiamavano questo composto Opus Signinum, un termine latino che, come suggerisce il nome, trovava la sua origine nella città di Segni (Signa) allocata nei pressi di Roma. In questa città, secondo le antiche fonti, fu inventato quello che per noi è diventato un preziosissimo materiale.
Nel I secolo a.c. Vitruvio ne descrive la fabbricazione e l’uso nel trattato “De Architectura”. L’ antica miscela veniva utilizzata per rivestire le cisterne, le vasche termali, le terrazze scoperte, gli impluvi delle case, quando non erano di marmo o di pietra, le stanze riscaldate, ecc. Veniva inoltre utilizzato come intonaco deumidificante.
La tecnica di applicazione nelle varie tipologie di utilizzo ne determinava il livello di permeabilità. La memoria e i segni delle antiche rotte commerciali del Mediterraneo, ai tempi dei Fenici prima e dei romani poi, rimangono nei ritrovamenti dei relitti delle navi cariche di prodotti di scambio. La traccia più significativa, anche nel nostro immaginario, è l’anfora per il contenimento di derrate alimentari, specialmente olio e vino. Nelle civiltà mediterranee dove l’argilla era il materiale prevalentemente utilizzato per la produzione di suppellettili, questi contenitori ad anfora in cotto, ottimizzati per il trasporto, venivano utilizzati anche per la conservazione. Già i Fenici usavano vinificare in recipienti d’argilla interrati; poi furono i greci prima ed i romani in seguito a proseguire questa tecnica. Questi ultimi facevano largo uso di grandi contenitori in terracotta di forma sferica chiamati dolia (sing. Dolium). Ci sono inoltre numerosi ritrovamenti importanti nelle regioni dell’attuale Georgia dove giare di dimensioni maggiori e della capacità di migliaia di litri venivano interrati in locali dedicati.